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29 dicembre 2010

Il Tesoro di Spilamberto. Signori Longobardi alla frontiera.

Fino al 26 giugno a Spilamberto in mostra i reperti di una necropoli longobarda scoperta sulle rive del Panaro alcuni anni fa, databile tra il VI e il VII secolo. Tra gli oggetti rinvenuti gioielli, manufatti e armi appartenuti ad un clan longobardo.

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Fino a lunedì 25 aprile 2011 (prorogata fino al 26 giugno) lo Spazio Eventi “Liliano Famigli” di Spilamberto ospita la mostra “Il tesoro di Spilamberto. Signori Longobardi alla frontiera”. In esposizione i reperti di una necropoli longobarda scavata nel 2003 a Ponte del Rio vicino a Spilamberto, databile tra il VI e il VII secolo d.c. e celata per circa 1500 anni dalle argille del fiume Panaro. Si tratta di uno dei rinvenimenti archeologici più importanti avvenuti in regione negli ultimi decenni. Tra gli oggetti in evidenza nella mostra vi sono fibbie per cinture, fibule (spille), armille (braccialetti), pettini, collane, raffinati manufatti in vetro o in bronzo fuso, gioielli di rara fattura ma soprattutto armi di tutti i tipi: spade a doppio taglio, coltelli, cuspidi di lancia, punte di freccia, umboni di scudi.

La mostra è promossa nell'ambito delle celebrazioni degli 800 anni del castello di Spilamberto da Comune di Spilamberto e Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, con il contributo della Fondazione di Vignola e il patrocinio di Presidenza della Repubblica, Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Regione Emilia-Romagna, Provincia di Modena e Unione Terre di Castelli. Sponsor principale Era 2000, gli altri sponsor Gruppo Cremonini, Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Cassa di Risparmio di Vignola, Banco San Geminiano e San Prospero.

La popolazione seminomade e guerriera dei Longobardi fu protagonista di una progressiva e lunga migrazione verso sud, spostandosi probabilmente dalla Scandinavia nei territori della Germania orientale e poi in Austria e Ungheria. Nel 568, guidati da Alboino, i Longobardi si insediarono infine in Italia, dove diedero vita a un regno indipendente che estese progressivamente il proprio dominio sulla massima parte del territorio italiano continentale e peninsulare. Il dominio longobardo fu articolato in numerosi ducati, che godevano di una marcata autonomia rispetto al potere centrale dei sovrani. La capitale era Pavia. Tra i re longobardi che successero ad Alboino vi furono Autari, Agilulfo (VI secolo), Rotari, Grimoaldo (VII secolo), Liutprando, Astolfo e Desiderio (VIII secolo). Il Regno longobardo cessò nel 774, a seguito della sconfitta subita dai Franchi guidati da Carlo Magno. Nel corso dei secoli, i Longobardi si integrarono progressivamente con il tessuto sociale italiano, emanando leggi in latino e convertendosi al cattolicesimo. La contrastata fusione tra l'elemento germanico longobardo e quello romanico pose le basi per la nascita e lo sviluppo della società italiana dei secoli successivi.

La necropoli oggetto della mostra spilambertese è ad oggi la testimonianza più consistente della presenza longobarda nel modenese, ed è certamente la testimonianza più orientale della presenza longobarda in regione. La necropoli di Spilamberto racconta la storia di un gruppo di Longobardi, che quindici secoli fa vissero e morirono sulla riva del Panaro, all’alba del Medioevo. Di questo nucleo di guerrieri con rispettive famiglie - forse un clan gentilizio (fara) insediatosi qui per occupare e controllare un territorio di confine con i domini bizantini - si è scoperto il piccolo cimitero, 34 sepolture in semplice fossa rettangolare risalenti ai primi tempi dell’invasione longobarda in Italia. Alcune sepolture, attribuibili a guerrieri e a donne di rango elevato, conservavano reperti assai ricchi riferibili all'armamento, all'abbigliamento o a simboli di un ruolo di potere e prestigio all'interno della comunità. Le pratiche funerarie e i reperti delle sepolture, alcuni di altissima qualità e di grande valore simbolico, permettono di farci un’idea della loro cultura, della loro vita e delle relazioni che intrattenevano con le popolazioni romane preesistenti. I guerrieri sono stati seppelliti con le armi individuali che connotavano nella tradizione germanica l’uomo libero e combattente. Più ricchi e complessi i corredi femminili, che suggeriscono un’assidua frequentazione del mondo bizantino e la comunanza culturale con altre nazioni barbariche. Il rango familiare e sociale delle donne è esaltato dalla deposizione, accanto alle sepolture, di tre piccoli equini di razza nordica. La mostra espone quattro tra le sepolture più significative rinvenute nella vasta area di Cava di Ponte del Rio. I corredi sono presentati in una piattaforma centrale, insieme a uno dei tre cavalli sacrificati con i padroni defunti. Ampie nicchie di contorno trattano i temi dell’abbigliamento, degli ornamenti, della cura della persona, delle armi e del vasellame da tavola. Tra i reperti, illustrati da un ampio apparato reso più suggestivo dalla grafica ricostruttiva, spiccano i filamenti in oro di un tessuto di broccato che probabilmente velava il volto di una giovane defunta, un raffinato corno potorio in vetro e un’eccezionale sedia pieghevole in ferro (sella plicatilis) decorata con agemina in ottone a motivi geometrici e vegetali.

Durante il periodo della mostra vengono attivati diversi servizi rivolti alle scuole, tra visite guidate e laboratori didattici. Nell'ambito del progetto “L’archeologia raccontata ai ragazzi”, alcuni insegnanti insieme ai loro studenti hanno redatto un testo, raccolto in un opuscolo, per “spiegare la mostra” ai ragazzi. Il fascicolo viene consegnato gratuitamente ad ogni giovane utente per aiutarlo nella comprensione di quanto vede.

Nel progetto della mostra sono stati coinvolti anche ristoratori ed albergatori del paese, per la definizione di menù tematici che comprendono tutti i prodotti ed i piatti tipici del luogo: salumi, bolliti, gnocco fritto, crescentine, Amaretti, Parmigiano Reggiano, tortellini in brodo, tagliatelle, tortelloni, lasagne, Nocino ed ovviamente l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Sono stati inoltre predisposti alcuni percorsi turistici, divisi per aree tematiche, con l’obiettivo di far trascorrere un fine settimana fra archeologia e sapori, nella patria dell'aceto balsamico. Proprio a Spilamberto è stato infatti inaugurato nel 2002 il Museo dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena che completa un percorso nato più di 40 anni fa, quando fu istituita la Consorteria, associazione fondata per conservare e promuovere la cultura del cosiddetto oro nero di Modena. Solo nel 2010 il museo di Spilamberto, unico al mondo dedicato a questa eccellenza alimentare, ha ricevuto più di 9.000 visitatori.

La mostra dedicata ai reperti della necropoli longobarda è visitabile il venerdì dalle 18.30 alle 22 (visite guidate alle 20 e alle 21), sabato, domenica, prefestivi e festivi dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30 (visite guidate alle ore 10.30, 11.30, 16.30, 17.30). Chiusura venerdì 31 dicembre e sabato 1 gennaio. E' possibile effettuare visite guidate in giorni e orari diversi da quelli di apertura con prenotazione obbligatoria (gruppi minimo 10, massimo 30 persone). L'ingresso è gratuito ma tutte le visite guidate sono a pagamento (5 euro a persona, gratis under 18 e over 65; per le scuole il costo è di 75 euro per classe, 180 euro per il singolo laboratorio didattico, 250 euro per visita guidata + laboratorio didattico). Il catalogo della mostra costa 15 euro.

Per informazioni:
Comune di Spilamberto
Ufficio Cultura - tel. 059.789.964
Ufficio Eventi - tel. 059.789.929
email info@comune.spilamberto.mo.it

Accoglienza turistica:
IAT - Unione Terre di Castelli
tel. 059.781.270
email info@turismoterredicastelli.it

Visite guidate e servizi per le scuole:

AR/S Archeosistemi
tel. 0522.532.094
fax 0522.533.315
email info@archeosistemi.it
Proprietà dell'articolo
autore: Editoria e Web
fonte: Ufficio Stampa
data di creazione: mercoledì 29 dicembre 2010
data di modifica: giovedì 21 aprile 2011