Alessandro Tassoni nacque a Modena nel 1565 da famiglia nobile. Studiò filosofia, legge e retorica a Bologna, Pisa e Ferrara. Dopo una giovinezza trascorsa tra liti familiari e beffe scapestrate (un funzionario estense lo definì, scrivendo al suo duca, «mala erba nata di malissimo seme»), nel 1597 entrò al servizio del cardinale Ascanio Colonna e lo seguì in Spagna, come primo segretario, dal 1600 al 1603. Ammiratore del duca Carlo Emanuele I di Savoia, allora impegnato ad affermare la propria indipendenza dalla Spagna, divenne nel 1618 segretario della sua ambasciata a Roma. Il rapporto di collaborazione non si sviluppò però nel senso desiderato dal poeta che, amareggiato, nel 1621 si ritirò a vita privata, risiedendo per lo più a Roma. Dopo un periodo passato al servizio del cardinal Ludovisi, rientrò a Modena nel 1632 con il titolo di “gentiluomo di belle lettere” del duca Francesco I, restando alla corte estense fino alla morte avvenuta nel 1635.

Uomo bizzarro, amante del paradosso e ricco di contraddizioni, polemico fino alla rissosità, Tassoni esprime la natura vivacissima ed estrosa del suo ingegno nell’abbondante produzione saggistica, animata da una pungente volontà di affermazione personale. Notevoli per “vis polemica” risultano infatti i “Pensieri diversi”, opera, in realtà piuttosto farraginosa, in dieci libri nella quale attacca Aristotele, Petrarca e Omero opponendosi a ogni forma di adorazione fanatica del passato e affermando chiaramente la superiorità dei tempi moderni sugli antichi.

La sua opera più famosa rimane però la “Secchia rapita”, poema “eroicomico” in ottave che narra di una complicatissima guerra tra modenesi e bolognesi nata dal furto di una secchia, rubata dai modenesi a Bologna dopo una scaramuccia che li aveva portati fino sotto le mura della città all’inseguimento dei bolognesi.